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Puteoli
Pozzuoli era in origine uno
scalo commerciale greco-cumano, la
città vera e propria fu fondata nel 528 a.C. da un gruppo di esuli sami,
con il nome di Diceàrchia (in greco Δικεάρχια cioè giusto
governo).
Nel 421 a.C. passò in mano ai sanniti. Dopo la conquista romana della Campania (228
a.C.), Puteoli (o Puteolos, in greco Πυτέολος)
(così ribattezzata per via delle numerose sorgenti di acque termo-minerali)
cominciò ad acquistare importanza e il suo porto divenne fondamentale per gli
scambi commerciali dell'epoca. Nel 194 a.C. Pozzuoli divenne una colonia
romana e da quel momento la sua importanza crebbe sempre più, perché i romani ne
fecero il loro porto principale. La collegarono con un'ottima rete
stradale all'Urbe e alle città più importanti della Campania, mentre tutte le
più fiorenti città marittime dell'Oriente vi impiantarono stazioni commerciali.
Furono costruiti mirabili monumenti come l'Anfiteatro Flavio, il Tempio di Serapide, lo Stadio di Antonino
Pio, l'Anfiteatro Minore e il Tempio di Augusto.
Portato come prigioniero a Roma (e dopo il suo naufragio a Malta) San Paolo vi
sbarca circa 61 d.C. Vi è ricevuto da una piccola comunità cristiana
(atti 28:13-14). Il declino della città iniziò nel 70 d.C. circa, con l'apertura
del porto di Ostia, voluto da Claudio e terminato da Nerone.
Il graduale sprofondamento del litorale, causato dal bradisismo, costrinse gli
abitanti a lasciare, verso la fine del V secolo, la parte bassa della città e a
stabilirsi sull'altura (attuale Rione Terra), che fu cinta di mura e
diventò così il castro puteolano. Agli inizi del XVI secolo, Pozzuoli fu
sconvolta da scosse telluriche e dal bradisismo. I puteolani, atterriti da tale
fenomeno, cominciarono a stabilirsi al di fuori delle mura, sino a formare
presso il mare un borgo costituito da piccole case di pescatori.
Nella notte tra il 29 e il 30 settembre 1538, un terremoto distrusse, tra il lago
d'Averno e il Monte Barbaro,
il villaggio di Tripergole. La terra si aprì ed eruttò tanto materiale da
formare una collinetta, che in seguito fu chiamata Monte
Nuovo.
Durante la Seconda guerra mondiale, la città fu presa particolarmente di mira
dai bombardamenti alleati, a causa del porto (che riforniva di carburante
le navi da guerra), dello stabilimento Ansaldo (che produceva artiglierie) e per
l'importante linea ferroviaria Napoli-Roma (che l'attraversava).
La città antica, il cosiddetto Rione Terra è stato
abbandonato a seguito dei moti bradisismici degli anni settanta ed è da ormai
molti anni in fase di restauro. Oggi è possibile visitare gran parte dei
sotterranei e una parte in superficie. Nel XVI secolo il viceré del Regno di
Napoli, Don Pedro de Toledo vi costruì i suoi
palazzi.
L’Anfiteatro
Flavio è uno dei due anfiteatri romani esistenti a Pozzuoli. Alcuni
testi riportano la sua edificazione
sotto Vespasiano e la sua
inaugurazione probabilmente da
Tito. Secondo alcuni studiosi, la
presenza di muratura realizzata con la tecnica dell'opus reticulatum, farebbe pensare ad una sua realizzazione sotto
Nerone, rimossa poi con un processo
di damnatio memoriae. La tecnica
muraria comprende, tuttavia, anche l'utilizzo di laterizi; inoltre, il
ritrovamento di un'iscrizione epigrafica che recita così "Colonia Flavia
Augusta/Puteolana pecunia sua (cioè, "la Colonia Flavia
Augusta costruì a sue spese") e il fatto stesso che la tipologia dell'anfiteatro
puteolano è del tutto simile a quella del
Colosseo darebbero ragione a una collocazione cronologica del monumento in
età Flavia. La cavea, divisa in tre livelli di gradinate, permetteva di contenere fino a
20.000 spettatori.
Nei sotterranei sono tuttora visibili parti degli
ingranaggi per sollevare le gabbie che portavano sull'arena belve feroci e probabilmente
altri elementi di scenografia degli spettacoli. La struttura, di pianta
ellittica, misura 147 x 117 metri, mentre l'arena ha i due semiassi di 72,22 e
42,33 metri.
L'anfiteatro sorge oggi a poche centinaia di metri dall'attuale linea di costa,
nel centro di Pozzuoli, e dista pochi passi dalla fermata Pozzuoli della linea 2
della metropolitana di Napoli.
Serapeo è
il nome che viene dato ad ogni tempio, o altra struttura religiosa,
dedicata alla divinità sincretica
Serapide,
venerata nell'Egitto ellenistico e che
combinava elementi degli antichi dei egizi Osiride e Api in
una forma antropizzata compatibile con la cultura della Alessandria tolemaica. Vi furono numerosi centri di
questo culto ognuno dei quali detto, in greco, Σεραπεῖον Serapeion o Serapeum nella
forma latinizzata.
Il
Tempio di Serapide
è stato interpretato originariamente come un tempio
dedicato al dio Serapide, in seguito al rinvenimento di una scultura che lo
raffigura, il complesso è in realtà un
mercato pubblico (macellum), costruito probabilmente tra la fine del I sec.
e l’inizio del II sec. d.C., nel quartiere che gli antichi chiamavano
Emporium, situato sulla costa a nord
del promontorio dell’acropoli. Ristrutturato in epoca severiana (inizi III sec.
d.C.), il complesso, con l’ingresso verso il mare, si sviluppa su una superficie
piuttosto vasta (75 metri di lunghezza per 58 metri di larghezza) circondata da
un portico con colonne di granito o di cipollino, sul quale si aprivano numerose
botteghe adibite, probabilmente, alla vendita di carne e pesce. La parte
centrale del cortile è occupata da una tholos, a sua volta chiusa da una esedra preceduta da quattro colossali colonne, delle quali
tre sono ancora in piedi. I resti del pavimento e del rivestimento in marmo
delle latrine pubbliche sono indice della straordinaria sontuosità del
monumento. Sulle colonne sono visibili le erosioni dovute agli abbassamenti e
innalzamenti del suolo, a causa del fenomeno del
bradisismo che da sempre caratterizza
l’area flegrea.
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Lago d’Averno
Il lago prende nome da una oscura e profonda voragine (attualmente non
identificata) presente nelle sue vicinanze ed emanante vapori sulfurei, la
quale, secondo la religione
greca e
poi romana,
era un accesso all'Oltretomba, regno del dio Plutone. Per tal motivo gli inferi romani
(l'Ade greco) si chiamano anche Averno.
Infatti anche il poeta Virgilio nel
VI dell'Eneide colloca
vicino a tale lago l'ingresso mistico agli
Inferi, dove l'eroe Enea deve
recarsi:
"[...] C'era una grotta profonda e immensa di vasta apertura, rocciosa, difesa
da un nero lago e dalle tenebre dei boschi sopra la quale nessun volatile poteva
dirigere il cammino con le ali impunente; un puzzo così intenso si diffondeva
alle volte superiori sprigionandosi dalla oscura bocca. (Ecco perchè i Greci
chiamarono quel luogo Aornon) [...]
[...] Lontano, andate lontano grida la profetessa (la Sibilla), e ritiratevi
da tutto il bosco. [...]
Il nome Avernus deriva dal greco
άορνος ('senza uccelli') poiché gli uccelli che volavano sopra tale voragine
morivano a causa delle sue esalazioni sulfuree.
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I laghi dei Campi Flegrei
Il
Lago di Lucrino
deve la sua origine all'interazione che si è sviluppata nel tempo con il mare,
(origine lagunare) oggi questo lago ha estensione assai ridotta e ciò è
verosimilmente attribuibile al profondo cambiamento morfologico della zona
avvenuto a seguito della eruzione del
Monte Nuovo nel 1538. Il nome Lucrino deriva dal
latino lucrum (lucro, guadagno, profitto) per gli
allevamenti di pesci e soprattutto di ostriche che intorno all'anno 90 a.C. vi aveva installato il senatore romano Sergio
Orata, divenendo in breve tempo uno degli uomini più ricchi dell'epoca. Nel
I secolo a.C. a causa del moto bradisismico discendente, irrompendo le onde del
mare nel lago e danneggiandone gli impianti, gli allevatori richiesero al Senato
Romano di intervenire; le opere di restauro e di soprelevazione dell'istmo che
separava il lago dal mare (Via Herculea) furono
realizzate da Giulio
Cesare, e magnificate da Virgilio.
In questa zona, come nella vicina Baia, insistono delle
risorse termali analogamente a ciò che accadeva al villaggio Tripergole, famoso appunto per
le acque termo-minerali.
Il
Lago Fusaro (o lago
Acherusio) si è formato con la chiusura del tratto di mare fra le frazioni di Torregaveta e Cuma. A partire
dal 1752 l'area del Fusaro, all'epoca scarsamente abitata, divenne la riserva di
caccia e pesca dei Borbone, che
affidarono a Luigi Vanvitelli le
prime opere per la trasformazione del luogo. Salito al trono Ferdinando IV, gli
interventi furono completati da Carlo
Vanvitelli, figlio di Luigi, che nel 1782 realizzò il
Casino Reale di Caccia sul lago, a breve distanza dalla riva. Questo edificio, noto come
Casina Vanvitelliana, fu adibito alla
residenza degli ospiti illustri, come Francesco II del Sacro Romano Impero, che
qui soggiornò nel maggio 1819. All'interno dell'edificio furono accolti pure
Wolfgang Amadeus Mozart, Gioachino Rossini e, più recentemente, il Presidente
della Repubblica Luigi Einaudi. Oggi la casa è collegata da un ponte in legno,
ma inizialmente era raggiungibile solo tramite imbarcazioni a remi. Dell'antico
mobilio oggi rimane solo un lampadario, un tavolo rotondo ed un camino, in
ognuno dei quali è sempre presente la conchiglia, simbolo dei
Borbone. In alcune sale di questo casino sono
state girate delle scene del film "Pinocchio"
di Luigi
Comencini (era la casa abitata
dalla fata Turchina).
• Il
Parco di Baia
Il toponimo le deriva dalla tradizione che vuole che qui sia annegato Baios, compagno di Ulisse. Sito di
villeggiatura per l’aristocrazia romana sin dalla tarda
repubblica e, successivamente, per tutta l’epoca imperiale, Baia era
particolarmente amata non solo per la bellezza del paesaggio, ma anche per la
presenza di sorgenti termali. La
tradizione vuole infatti che proprio qui siano nate le prime stanze riscaldate
con ipocausto (anche se in realtà non
è propriamente esatto). Di certo la caratteristica di Baia è la presenza di
vapori caldi e di acque termali, che i Romani sfruttarono a pieno, riuscendo a
creare sistemi sempre più complessi di canalizzazione di entrambi.
Il parco archeologico dell’antica
Baiae, esteso su di una superficie di 40.000 mq e diviso
convenzionalmente in cinque settori (Villa
dell’Ambulatio, Settore di Mercurio, Settore della Sosandra, Settore di Venere),
racchiude i resti di residenze patrizie e di impianti termali.
La Villa dell’Ambulatio si estende su due
terrazze: quella superiore ospita il quartiere domestico e quella inferiore un
grande porticato coperto che dà nome alla struttura. Il
Settore di Mercurio è costituito da due nuclei distinti con funzione prevalentemente
termale. Il Settore della Sosandra,
in cui sono state individuate quattro fasi edilizie, si sviluppa su quattro
livelli: i primi due con funzione abitativa, mentre i due livelli inferiori
ospitano un complesso architettonico scenografico interpretato come un
teatro-ninfeo. Il Settore di Venere,
chiamato così dagli studiosi del ‘700 che definivano “stanze di Venere” alcuni ambienti
del livello inferiore, si articola su tre livelli sovrapposti con ambienti di
servizio o con funzione termale.
Il Castello
Aragonese di Baia, situato in un'area di notevole importanza strategica,
fu eretto su di un promontorio (51 m s.l.m.) naturalmente difeso ad est da un
alto dirupo tufaceo a picco sul mare, e ad ovest dalla profonda depressione data
dalle caldere di due vulcani chiamati "Fondi
di Baia" (facenti parte dei Campi Flegrei); con l'aggiunta di mura fossati e
ponti levatoi, il Castello risultava praticamente inespugnabile. La sua
posizione - dalla quale si dominava tutto il Golfo di Pozzuoli fino
a Procida, Ischia e Cuma - consentiva un controllo molto ampio della zona,
impedendo tanto l'avvicinamento di flotte nemiche, quanto eventuali sbarchi di
truppe che avessero voluto marciare su Napoli con una azione di sorpresa alle
spalle.
In epoca romana la collina era occupata da un grandioso complesso residenziale,
forse la "villa di Cesare" (Tacito afferma che la villa di Cesare si trovava su di un'altura dominante
il golfo di Baia), i cui resti furono distrutti e talora inglobati nell'attuale
fortezza. Strutture superstiti della villa sono visibili intorno ad essa lungo
la costa e a terra presso il campo sportivo, mentre altre sono state individuate
recentemente e messe in luce nel corso dei lavori di restauro delle parti più
alte del castello (Torre Cavaliere) e più in basso lungo le sue scarpate a mare,
a seguito del loro diserbo.
La costruzione del castello fu avviata dagli Aragonesi -
insieme a numerose altre fortificazioni nel Regno
di Napoli - nel 1495, poco prima dell'invasione dei francesi di re Carlo VIII. Per la progettazione del
sistema difensivo e delle singole fortezze, il re Alfonso II d'Aragona si servì della
consulenza di Francesco di Giorgio Martini,
architetto senese, rinomato per le nuove tecniche e le soluzioni da lui
applicate a difese militari.
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Bacoli
La
Piscina Mirabilis
è un monumento archeologico di Bacoli.
Originariamente era una cisterna di acqua potabile romana costruita in età augustea a Miseno,
sul lato nord-ovest del Golfo di Napoli.
Il nome attuale le fu attribuito nel tardo Seicento. Si tratta della
più grande cisterna nota mai costruita dagli antichi romani e aveva la funzione di
approvvigionare di acqua le numerose navi della Classis Misenensis, poi
divenuta Classis Praetoria Misenensis Pia Vindex,
che trovava ormeggio e ricovero nel porto di Miseno.
L'acqua veniva prelevata attraverso i pozzetti
realizzati sulla terrazza che sovrasta le volte con macchine idrauliche, e da
qui canalizzata verso il porto. La struttura muraria è realizzata in opus
reticulatum e, così come i pilastri, è rivestita di materiale
impermeabilizzante. Una serie di finestre lungo le pareti laterali e gli stessi
pozzetti superiori provvedevano all'illuminazione e all'aerazione dell'ambiente.
Sul fondo, nella navata centrale, si trova una piscina limaria di 20 metri per 5, profonda 1,10 metri, che veniva utilizzata come
vasca di decantazione e di scarico per la pulizia e lo svuotamento periodico
della cisterna. La piscina mirabilis costituiva il
serbatoio terminale di uno dei
principali acquedotti romani, l'acquedotto augusteo, che
portava l'acqua dalle sorgenti del fiume Serino, a 100 chilometri di distanza,
fino a Napoli e ai Campi Flegrei.
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Monte di Procida
l suo territorio rappresenta la parte più estrema della penisola flegrea, un
promontorio di fronte l'isola di Procida,
da cui è separata da uno stretto tratto di mare (canale di Procida). Al largo,
in direzione ovest si trova l'Isolotto di San Martino: un piccolo
isolotto unito al promontorio da un ponte e da un tunnel.
L'area, detta fino all'alto medioevo "Monte di Miseno", cambiò lentamente
nell'uso il suo nome fino a giungere a quello attuale, dopo che con la
distruzione del porto di Miseno, l'area passò sotto la giurisdizione di Procida
(quindi: "monte appartenente a Procida"). Il centro abitato attuale nacque e si
ingrandì appunto per l'afflusso di coloni dalla vicina isola a partire
dal XVI - XVII secolo.
Il comune nacque amministrativamente
il 27 gennaio 1907, quando
un referendum sancì la separazione della parte di terraferma dal resto del
comune (comprendente l'omonima isola e l'isolotto di Vivara),
formando così l'attuale comune di Monte di Procida. Fondamentale per
l'acquisizione dell'autonomia amministrativa dal comune di Procida fu il
contributo di Ludovico Quandel.
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